
Ascoltare il nuovo disco dei Votto, è sentirsi una mano che preme sullo stomaco. Un po’ di malinconia che però non lascia spazio all’arrendersi. Quella sensazione cara all’emo quello bello, quello che muta le difficoltà in un grido da combattente con il coltello fra i denti. Un colpo di reni in un’avventura dolce amara. Son dei gran pezzoni che alternano melodie fini e delicate a riff più pesanti e sostenuti. Gran lavoro per i Votto che presentano questo disco in gran stile, una pubblicazione ben riuscita in collaborazione con We’re Trying Records dagli Stati Uniti, Non ti segue Records già nota ai nostri lettori, Desperate Infant Records niente po’ po’ di meno che da Hong Kong, l’italiana ÈUBPDV, Sad Jam Audio, Tigersuit Tapes e gli amici di È un brutto posto dove vivere e Delta ramificazioni culturali.
La Prima traccia fa da introduzione e presenta il disco mettendo già in chiaro un po’ di cose. Una voce racconta un vissuto e ci consegna infine il titolo del vostro disco. Qual è il volto che si nasconde dietro questa prima traccia? Ci spiegate un po’ il concept di questo vostro ultimo lavoro?
La voce nel primo pezzo è del piacentino Nello Vegezzi (poeta, scultore, regista), uno degli outsider politici meno noti nel panorama italiano. Nell’intervista narra la vicenda del pero miracoloso. La storia inizia nella campagna piacentina degli anni Sessanta; una contadina – poi diventata famosa come “Mamma Rosa” – sostiene di aver visto la Vergine Maria, portando come prova la fioritura fuori stagione di un pero nel proprio giardino. L’evento desta scalpore internazionale e l’albero diventa meta di pellegrinaggio per i credenti di tutto il mondo. Qualche anno dopo, un gruppo di anarchici maoisti capitanati proprio dal nostro Nello decide di abbattere il pero per protesta politica. A danno fatto, gli anarco-comunisti si autodenunciano telefonando alla sede del principale quotidiano locale. La mattina tutti i giornalisti si precipitano nel giardino di Mamma Rosa ma, sfortunatamente, non possono che constatare un grande errore: il commando maoista ha abbattuto un pruno invece che il pero miracoloso. Ma qui c’è un colpo di scena: un giornalista, intervistando Mamma Rosa, viene a sapere che l’albero che fiorisce in inverno non è il pero ma il pruno – svolta clamorosa che porta Nello Vegezzi a dire “Quindi noi sbagliando facemmo giusto”.
Le sonorità dei vostri pezzi sono chiaramente screamo, non lasciate che la melodia lasci troppo spazio ad atmosfere semplicemente malinconiche ma i riff incalzano e corrono veloci e battuti fino a fine pezzo. Dal punto di vista compositivo come è nato questo disco? Ci sono artisti che vi hanno particolarmente influenzato durante la composizione di questi pezzi?
Dopo la pubblicazione del nostro primo EP Panbauletto abbiamo deciso di dare una svolta al nostro suono, spostandoci su lidi molto più aggressivi. È una di quelle mutazioni naturali: un giorno ci accorgiamo che ci piace urlare in sala prove, e notiamo con certa curiosità che la cosa ci viene abbastanza bene. Probabilmente quel giorno avevamo solo bisogno di urlare al microfono, e da questo spontaneo atto catartico nacque una linea stilistica. Gli artisti che ci hanno più ispirato sono gli Øjne, i Radura, i Riviera, i Fine Before You Came e i Touché Amoré.
Non di rado le band che nutrono il terreno dell’hardocre, dello screamo, della musica alternativa in genere, decidono di prendere posizione e schierarsi su svariate tematiche politiche o sociali. Quanto importante pensate possa essere portare avanti dei valori nella vostra attività musicale?
Ognuno di noi ha a cuore i propri temi ma non ci definiamo un gruppo “politicamente schierato”. Sebbene il concept del disco sia un fatto politico, noi riteniamo che il suo significato sia anche estetico e ispiratore. È una di quelle narrazioni che, mescolando realtà e finzione, serendipità e lotta giovanile, risulta significativa trasversalmente a diversi schieramenti politici. Il fulcro è un’attitudine, non una posizione.
Il vostro è un percorso relativamente breve, partiti nel 2018, oggi siete citati già nelle pagine di diversi magazine online come una tra le migliori band screamo italiane. Come vedete la vostra attività? Continuerete semplicemente come un gruppo di amici a suonare divertendosi o vi siete posti già qualche obiettivo in maniera più metodica?
Wow! Siamo stati accolti così calorosamente dalla comunità musicale di riferimento che non ci sembra vero. Tutto questo affetto e cura è un gran propellente motivazionale – lo sarebbe per chiunque. Ora ci dedicheremo a qualche data estiva (non vedevamo l’ora di tornare sui palchi!), forse stamperemo qualche maglietta e poi inizieremo a scrivere un disco ancora più peso.
Grazie per il tempo che ci avete dedicato, speriamo di vederci sotto il palco al più presto. Spesso chiediamo ai nostri intervistati di suggerire qualche buon ascolti di band amiche o realtà che stimate particolarmente. Avete qualche nome da proporci? A presto ragazzi! 🙂
Certo! Consigliamo i Six Impossible Things (Lodi): straforti, live bellissimi ed emotivamente coinvolgenti. Emo, Slow-core e tanto affetto. Poi ricordiamo anche i Put Purana (Monza/Brianza): in realtà non è uscito ancora niente di loro ma noi siamo presi bene coi loro provini su SoundCloud (ciao Sandrino). Infine stimiamo particolarmente Le sacerdotesse dell’isola del piacere: piacentini come noi, esponenti del Nuovo punk italiano. Il loro nome è tratto dal lungometraggio animato del 1976 “Le dodici fatiche di Asterix”, compagno delle nostre infanzie. I loro testi sono carichi di metafore e riferimenti letterari. Ci ritroviamo a canticchiare i loro ritornelli senza rendercene conto. Entrambi i chitarristi, Federico e Fabrizio, hanno avuto un ruolo attivo nella Commissione d’inchiesta sulle accuse contro Leon Trotsky nei processi di Mosca del 1937.